Sviluppo della determinazione e della perseveranza
Analizzando il rapporto tra il sé e la volontà da una parte e le varie altre funzioni psichiche dall’altra, possiamo renderci conto di quanto sia stretto, convergente, quasi identificante, il legame tra la volontà e il sé, e quanto attraverso la volontà il sé agisca sulle altre funzioni psichiche, le governi e le orienti. Rimaniamo comunque aperti all'esistenza di altri due rapporti: il primo, tra il sé spirituale e il suo riflesso distorto (l'ego) – quale somma dei contenuti psichici con i quali il soggetto si identifica –; e il secondo, tra il sé individuale (spirituale) e il Sé cosmico, l'Anima Suprema o Dio per i religiosi e i teologi. Mentre il primo rapporto è spesso conflittuale, perché l'anima interagisce con una distorsione (con l'ego, personalità empirica, e perciò transitoria), il secondo invece, quello con il Sé cosmico, l’Anima di tutte le anime, fonte di perfetta armonia, di estasi. Il problema della volontà, dunque, consiste nel decidere quale dei due rapporti privilegiare.
Il processo inconscio non possiede una propria volontà, è piuttosto automatico; non possiamo vederlo in movimento con gli occhi né esaminarlo con la mente razionale, ma possiamo sperimentare che esiste una dinamica per la quale esso agisce spontaneamente rispondendo agli input che gli abbiamo fornito col pensiero cosciente, con o senza un deliberato atto volitivo. Il pensiero cosciente sceglie gli scopi, seleziona i dati, calcola, valuta e giunge a conclusioni e, generalmente senza saperlo, mette in moto il processo inconscio. Attraverso la volontà - che rappresenta la funzione più immediata e diretta dell’io - si può produrre un’immagine mentale dello scopo che si vuole raggiungere, e questa mette in moto nell’inconscio un’attività diretta a realizzare tale scopo, anche se la quasi totalità della gente rimane all’oscuro del modo in cui opera.
Il pensiero cosciente non è, perciò, l'unico esecutore materiale del risultato, bensì chi pensa di averne attivato tutti i meccanismi. Dunque agire qui ed ora nel modo più eticamente corretto possibile (dharmya) permette poi al processo inconscio di raggiungere spontaneamente, senza eccessiva fatica, i migliori risultati. Ecco perché chi si occupa diligentemente e con fiducia del qui ed ora, non ha necessità di preoccuparsi né dell’inconscio né per il futuro, perché gli obiettivi verranno conseguiti dal processo inconscio che avrà messo in moto. La volontà è ottimamente usata quando si limita a fornire l’impulso iniziale e lascia che l’elaborazione inconscia segua naturalmente e spontaneamente il suo importante ruolo.
Per avere pieno, soddisfacente e duraturo successo nell'utilizzo della volontà, dobbiamo dunque operare attraverso di essa, non direttamente applicata allo scopo finale, bensì alla gestione delle funzioni psichiche. Infatti, il miglior utilizzo della volontà lo si ottiene quando attraverso di essa si conseguono obiettivi dharmya, attivando così una dinamica che dirige tutte le forze del mondo psichico.
Come nel mondo fisico prima di agire si deve tener conto del complesso sistema di leggi che lo governa, similmente, prima di dare corso ad un atto volitivo si debbono considerare le forze psichiche che tale atto implica e le leggi che lo governano: dharma.
Fede, disciplina, coraggio, interesse, ottimismo, tendere ad uno scopo evolutivo e costruttivo teso al risveglio spirituale, tutto ciò rafforza la volontà e la vitalità. Futilità, pigrizia, pessimismo, tristezza, frustrazione, rancore, risentimento, invidia, gelosia, paure, nostalgie, attivano dinamiche distruttive che riducono la forza di volontà e la vitalità e di conseguenza anche la prospettiva della vita. Con questo tipo di attitudine si accelera anche il processo dell'invecchiamento, della malattia e della morte.
Nella vita ciascun individuo sente la necessità di soddisfare dei bisogni fondamentali, i quali, se perseguiti e realizzati in modo salutare ed eticamente corretto (dharmya) favoriscono lo sviluppo e il rafforzamento della volontà.
Questi principalmente sono:
- dare e ricevere amore;
- trovare e dare sicurezza;
- poter esprimere la propria creatività e incoraggiare altri a farlo;
- sentire riconosciuto il proprio valore e riconoscere quello degli altri;
- vivere nuove esperienze e incoraggiare altri a rinnovarsi;
- sviluppare fiducia in se stessi e coltivare la fiducia nella provvidenza e nell’uomo;
- vivere un senso di completezza, pienezza, soddisfazione, ispirando altri a fare altrettanto.
Marco Ferrini
(Matsya Avatar das)
Centro Studi Bhaktivedanta, Università Popolare degli Studi Indovedici