Atma-vidya: la conoscenza del sé
Il processo del morire è un argomento di vitale rilevanza: rappresenta la preparazione al viaggio più importante che l’essere umano è tenuto a compiere, il trasferimento in un altrove, per cui è fondamentale avere sviluppato in vita il giusto sistema di riferimento. Se costruiamo qualcosa o vogliamo indagare su di essa, dobbiamo avere preliminarmente definito dentro di noi qual è il sistema di riferimento, perché se non abbiamo chiarito questo aspetto fondamentale, è certo che rimarremo disorientati e compiremo scelte fuorvianti.
Laddove la persona abbia considerato il corpo come unico e principale sistema di riferimento, al momento del trapasso si troverà smarrita perché esso viene smantellato dalle titaniche leggi della natura. Rischiamo, quindi, non solo di trovarci completamente disorientati, bensì di essere travolti da forze molto più grandi di noi. Come in mare, quando una persona perde la vela o il timone: non solo rischia di non giungere a destinazione, bensì di essere trascinata dalle onde, dalle correnti marine.
Finché l'anima, la vita, è dentro al corpo, la legge che lo governa è la sintropia; quando ne esce si produce un effetto entropico di disgregazione.
Prendiamo ad esempio quello della psiche e delle emozioni, che considera i pensieri, gli stati emozionali, il temperamento, l'umore. Viene da chiedersi se esso sia affidabile. Evidentemente no, in quanto è soggetto a continue modificazioni ed è, quindi, instabile.
Un sistema affidabile, invece, dovrebbe garantire continuità, pace, stabilità, perché è ciò a cui ogni persona intimamente aspira. Noi entriamo in uno stato di apprensione, ansietà, finanche di angoscia, quando i nostri sistemi di riferimento vengono meno.
I figli, la famiglia, la salute, la posizione sociale, sono sistemi di riferimento instabili perché destinati ad essere perduti. Sul piano del relativo possono offrire qualche sostegno, qualche beneficio, ma non ci potranno di certo sostenere né proteggere nel momento del massimo bisogno in cui dovremo lasciare questo mondo.
Nulla, in quell’esperienza cruciale, dipende più dalla percezione sensoriale: le facoltà e gli organi di senso vengono meno e noi siamo completamente al buio, privi di percezioni ed in balia delle titaniche forze della natura.
Qual è quindi il sistema di riferimento a cui possiamo affidarci? Atma-vidya: la conoscenza del sé.
Il viaggio dell'anima dopo la morte ha come punto di orientamento un sistema diverso rispetto a quello del corpo o della psiche, ovvero pone al centro l'anima che è realtà, essenza, nucleo vitale. La struttura psico-fisica di cui è temporaneamente rivestita ne rappresenta solo l'apparenza. E’ importante precisare che ciò che appare non è da gettare o rinnegare, poiché presuppone l’esistenza di una realtà ulteriore; tuttavia se ci limitiamo a considerare solo l’apparenza, senza ricercare l’essenza, la nostra comprensione della vita rimane su di un piano superficiale e limitato.
Se prendiamo come riferimento noi stessi, quali esseri spirituali, allora la morte non è più percepita come un fatto inaccettabile. Questo non significa banalizzare il fenomeno, così come non lo si deve drammatizzare. Banalizzare la morte significa sottovalutare un pericolo e la straordinaria preziosità della vita umana; allo stesso modo, drammatizzare tale evento denota un’inconsapevolezza di fondo. E’ quasi sempre constatato che coloro che banalizzano, o per motivi e ragioni diverse drammatizzano la morte, non stanno facendo buon uso della forma umana.
Come possiamo quindi vivere senza drammatizzare o banalizzare la morte? Attraverso la conoscenza di sé, la conoscenza dell'anima. In termini psicologici la realizzazione di sé, la via dell'individuazione; in termini teologici, realizzare la nostra natura spirituale e l’eterna relazione con Dio. Facendo la scoperta di sé stessi e di Dio nel cuore, acquisiamo come sistema di riferimento ciò che è eterno che, per sua natura, una volta riscoperto mai andrà perduto.
Il fatto che la vita continua è ormai accertato, ma come continua? Questo è il punto.
Le scritture sacre e gli insegnamenti dei maestri, che dire il Bhagavata Purana, ci indirizzano, da un lato, a strutturare la coscienza nella consapevolezza che il viaggio continua, e, dall’altro, forniscono strumenti in grado di consolidare in noi una capacità esperienziale tale da permetterci di dirigere la nostra evoluzione, anche quando saremo privati del sistema di riferimento corporeo.
Marco Ferrini