La Crisi del Giorno Dopo
Voglio descrivervi un fenomeno della coscienza che ho visto in atto più volte e di cui ho dovuto occuparmi spesso nel corso del tempo. È un fenomeno rilevante, al quale dovreste prestare molta attenzione. Se non vi ponete la giusta attenzione, infatti, neppure sarete in grado di scorgerlo, soprattutto nel caso in cui voi stessi ne siate vittima, come avviene per tutti i condizionamenti, che tanto più sono inconsci quanto più condizionano. Vi ho già parlato altre volte di questo fenomeno, che io chiamo “la crisi del giorno dopo”.
É la crisi che può sopravvenire dopo che una persona ha sperimentato un momento di profonda analisi introspettiva. Tale momento di analisi e di elaborazione rappresenta l’inizio di un cammino in ascesa, in cui l’individuo trova il coraggio di mettersi in discussione affrontando momenti traumatici e dolorosi in vista del raggiungimento di un livello più elevato di consapevolezza ed una migliore capacità di gestione delle proprie dinamiche interiori, presupposti indispensabili per sperimentare una felicità piena e duratura già insita dentro di noi. Qualcuno potrebbe sorprendersi e chiedersi come e perché, a seguito di questo evento completamente positivo, si possa entrare in crisi; io vi suggerisco di non sorprendervi ma di cercare di capire.
La cosiddetta “crisi del giorno dopo” ha un suo corrispondente, seppur per ragioni ben diverse, anche nel contesto mondano: ci sono ad esempio persone che, dopo aver ricevuto un’eredità inaspettata o aver fatto grosse vincite alla lotteria, superato l’iniziale periodo di eccitazione, entusiasmo ed euforia, piombano nell’ansietà ed entrano in crisi. Altri lavorano a lungo e con molti sforzi, impegnando e sacrificando tutto quel che hanno per fare carriera, spesso a costo anche di pesanti compromessi ed umiliazioni e, dopo aver ottenuto il posto di lavoro tanto agognato, magari dopo anni e anni di pene e fatiche, vengono improvvisamente colti, proprio mentre sperimentano il successo, da rimorsi, inibizioni, paure, emozioni e pensieri distruttivi.
Fino a che si tratta di una fenomenologia legata ad esperienze e successi mondani, vissuti sul piano relativo e fugace dell’immanenza, voi giustamente penserete: “E’ normale, è evidente che non si possa trarre duratura e reale soddisfazione da tali apparenti successi, concepiti come fini a se stessi, relegati al mondo dell’impermanenza ed esperiti senza vera consapevolezza spirituale”.
Ciò che intendo spiegarvi ora è che questo fenomeno, seppur con altre modalità e per ragioni totalmente diverse, può verificarsi anche nel caso di realizzazioni interiori: può capitare esattamente quando, in un percorso di ricerca, la persona non si è ancora liberata da componenti fortemente condizionate della personalità, come è nel caso di chi sta iniziando un’esperienza di crescita, cioè quando non si è totalmente sganciata da alcune pesanti tendenze egoiche, che possono tornare ad emergere nei momenti più inaspettati.
Quando si vive una realizzazione interiore si assapora una gioia intensa, consapevolezza, realizzazione, pace profonda e leggerezza. Accade però che, benché la persona si senta sollevata, ispirata e felice dopo aver vissuto un’esperienza benefica di analisi ed elaborazione, che rappresenta appunto l’inizio di un percorso di purificazione, non raramente tornino all’attacco i fantasmi delle proprie sub-personalità, con quelle caratteristiche e tendenze involute del carattere che ancora non sono state totalmente superate, con energie affettive, emotive e psichiche non ancora ben canalizzate e sublimate. Queste tendenze negative infatti non scompaiono completamente e definitivamente nel momento in cui si inizia un lavoro di pulizia interiore, ma permangono in potenza, come semi nell’inconscio.
Quanto alla fenomenologia del successo, la si può spiegare anche dal punto di vista della psicologia sociale, analizzando aspetti per molti versi più facilmente comprensibili rispetto a quelli esoterici sopra accennati.
Determinante e fondamentale è l’immagine che un individuo ha di se stesso: spesso accade che, dopo aver conseguito un successo, l’individuo manchi di reinterpretare e di modificare, sulla base di tale successo, l’immagine che egli ha di sé.
Se le esperienze di successo non trasformano la percezione di noi stessi, sarà quest’ultima a prevalere nel trasformare la realtà delle cose attorno a noi e la natura degli eventi, specie di quelli in corso.
Possiamo studiare il caso di una persona che attribuiva tutti gli insuccessi e le sfortune della propria vita ad una sua menomazione fisica, un suo incedere claudicante. Decise di sottoporsi ad operazioni chirurgiche costosissime e dolorose a seguito delle quali, dopo circa quattro anni di interventi ravvicinati in vari ospedali europei, l’arto venne perfettamente riabilitato. Passati i primi momenti di euforia, la persona venne però nuovamente colta da un senso profondo di solitudine e depressione, ancora più nero e greve del precedente. Questo perché l’immagine mentale che lui aveva di sé stesso era ancora claudicante e sappiamo che lo stato interiore, ovvero l’immagine inconscia che uno ha di sé è molto più forte, molto più potente e carica di energia di quella esteriore così come percepita dagli altri o dal soggetto stesso allo specchio.
Non è facile riuscire a modificare l’immagine inconscia che abbiamo di noi stessi, in quanto quest’ultima si nutre di samskara, di cicatrici emotive profonde, e spesso di complessi che tendono a radicarsi e a permanere nel tempo.
Se una persona ha tendenza a mentire e si è fatta quest’immagine di sé, anche dopo che sarà riuscita ad abbandonare quella cattiva abitudine, continuerà a vedersi come bugiarda, nonostante quel che potranno dirle gli altri. Per portare un altro esempio: l’idea di essere una persona inaffidabile può permanere anche dopo che il soggetto abbia acquisito maggior senso di responsabilità e del dovere, cioè anche quando agli occhi degli altri sarà reputato affidabile; occorre che sia lui stesso a realizzarlo intimamente, nel profondo.
Tutte le tradizioni, e in particolar modo quella indovedica, descrivono simbolicamente tre piani esistenziali: bhur, i pianeti inferiori; bhuvah, i pianeti mediani; svaah, l’esistenza elevata o cieli. Nella psicologia indovedica questi tre livelli corrispondono rispettivamente all’inconscio, alla sfera conscia ed al superconscio.
Nell’individuo sappiamo che i condizionamenti e dolori provengono per la maggior parte dall’inconscio, che deve essere bonificato attraverso la forza che traiamo dalle convinzioni e dalle cariche emotive positive, le quali riemergono quando accediamo alle vette luminose della supercoscienza .
Mentre un “pensiero in corso” – vritti in sanscrito - , con il soggetto che pensa e parla al presente, è alla portata della coscienza razionale e pertanto più facilmente modificabile, i “pensieri pensati” – samskara - scivolano nell’inconscio e lavorano subdolamente all’insaputa del soggetto.
I samskara, o pensieri inconsci, possono essere radicati a diversi livelli: quando sono situati meno in profondità risultano ovviamente più facilmente rievocabili nella forma di ricordi. Vi sono poi samskara molto meno accessibili, dai quali derivano cattive abitudini estremamente difficili da estirpare, anche quando la persona in alcuni momenti di visione e lucidità ne diventa in parte consapevole. Infine vi sono samskara e tendenze che un soggetto non riesce assolutamente a vedere, a riconoscere, poiché hanno radici molto profonde, come se fossero inserite nel proprio patrimonio genetico. Tuttavia, attraverso un percorso guidato di analisi interiore, visualizzazione e meditazione, anche tali samskara possono essere individuati, conosciuti, indotti a ritornare vritti, cioè in pensieri correnti, restituendo al soggetto la capacità di gestirli, trasformarli e sublimarli, recuperando la carica energetica che essi avevano assorbito ed inglobato.
Come accedere a tali profondità della mente?
La radice verbale dhi della parola sanscrita dhyana, meditazione, significa per l’appunto ‘pensiero profondo’, ovvero capacità di accesso ad un campo energetico generalmente non penetrabile dall’individuo in uno stato di coscienza ordinario.
Meditazione non vuol dire evasione dal mondo. La meditazione autentica ispira e motiva azioni nel mondo ed è in grado di risolvere problemi reali, di sciogliere i nodi che si sono creati nella mente. La meditazione autentica risolve i problemi in pratica, non li evade, non li rimuove. Si nutre della consapevolezza della matrice spirituale di tutte le cose e della comprensione dei fenomeni più sottili della psiche, di come si aggrovigliano o si inceppano le menti e di come è possibile farle ripartire, riattivarle, purificarle.
Ogni emozione, ogni pensiero, ogni esperienza vissuta, crea una nuova immagine di sé perché la struttura psicologica si modifica: si accendono nuove luci, nuove sinapsi modificano la chimica cerebrale. Le esperienze spirituali lasciano potenti tracce che trasformano la personalità in maniera supremamente benefica.
Ma la persona è sempre posta di fronte ad una scelta: interiorizzare e far sempre più sua la nuova immagine di sé, oppure ripiegarsi, riappiattirsi sulla vecchia, con la quale ormai ha acquisito una malata familiarità. Ci sono detenuti che, usciti dal penitenziario e messi nuovamente in libertà, si spaventano e rimpiangono la loro cella, perché si sentono disorientati nel mondo dei liberi; sono confusi, non trovano appigli e non sanno dove andare. Sono intimoriti dal mondo delle responsabilità, dove si debbono assumere ruoli, doveri, dove occorrono impegno e creatività. Questa è una realtà poco raccontata, ma è ciò che veramente accade, altrimenti non esisterebbero persone che continuano a vivere in famiglie infernali o che svolgono lavori abbruttenti. Perché ci sono? Perché molte persone hanno paura del nuovo e preferiscono sviluppare una nevrosi pur di rimanere nella situazione cui oramai sono abituati.
Solo in virtù di una protezione superiore e di un’ispirazione divina possiamo riuscire a modificare i nostri paradigmi e a sottrarci alle reti dell’illusione.
Appellandosi esclusivamente alle proprie forze individuali sarebbe impossibile penetrare le oscurità dell’inconscio ed elevarsi alle vette luminose della supercoscienza; è indispensabile affidarsi ad una guida superiore, alla propria Istha Devata o Divinità prescelta, alla quali legarsi in intimità e fiducia: il canto di mantra, la visualizzazione e la meditazione ci permetteranno di entrare nel campo energetico della Divinità in uno scambio d’amore che ci sosterrà nella presa di coscienza ed elaborazione di samskara depositati nell’inconscio da tempo immemorabile.
Studio da anni le dinamiche della coscienza e del comportamento umano e posso dire che per questo fenomeno della “crisi del giorno dopo” ci sono rarissimi rimedi, a meno che il soggetto non attivi una consapevolezza superiore che può trasformare e riarmonizzare anche l’immagine interiore.
Occorre una disciplina etica e spirituale (sadhana bhakti), con un impegno serio e continuativo sotto la guida di un Maestro esperto e competente, attento anche agli aspetti apparentemente più marginali della coscienza e del comportamento. Quest’immagine interiore non si riesce neppure a scalfire, tanto meno a modificare, se non si attiva una potenza spirituale, legata alla nostra essenza o natura più intima. Tutte le qualità dell’anima vanno rievocate e devono diventare il nostro stile di vita sublimando le tendenze psichiche negative. In ogni momento la persona dovrebbe nutrirsi di immagini elevate, legate alla sua identità profonda, imparare a percepirsi in quella identità, trascendendo i tratti vincolanti della personalità egoica.
Come dovrebbe vedersi allora una persona?
Certo non dovrebbe valutarsi dall’immagine di sé stessa che vede riflessa nello specchio, un’immagine non ha niente a che fare con il sé, che è solo una percezione temporanea, un’identificazione effimera, un’immagine che non permane nel tempo, e che non sarà più la stessa dopo vent’anni. E nemmeno la persona dovrebbe valutarsi sulla base dell’immagine inconscia che ha di sé, la quale è l’esito di superfetazioni egoiche e di condizionamenti che si sono stratificati sull’identità vera, la natura eterna e spirituale dell’essere, costituita di puro Amore e luminosa Consapevolezza.
Dobbiamo ricercare la nostra identità a livello profondo e i nostri strumenti principali di ricerca e di elevazione saranno la compagnia di persone sagge, la guida e gli insegnamenti di un Maestro competente, l’impegno in una pratica di elevazione costante.
Senza questi strumenti, che ricollegano al Divino ed operano trasformazioni supremamente benefiche e profonde nella coscienza, risulterebbe quasi impossibile modificare definitivamente quell’immagine condizionata ed inconscia che abbiamo sviluppato di noi stessi, gravida di paure, di complessi di colpa, di cicatrici emotive, di rancori e rimorsi.
Le immagini interiori sono la matrice dell’azione, sono il seme di quel che si manifesta all’esterno.
Se uno intimamente pensa: “E’ inutile, non ce la farò mai, sono fatto così, quando mai riuscirò a vincere le mie tendenze!” inevitabilmente andrà incontro ad un fallimento: il fallimento immaginato diventa reale, perché siamo noi che modifichiamo e creiamo la nostra realtà con i nostri pensieri, con la potenza della visualizzazione, con l’energetica del desiderio o della paura, con l’immagine che ci saremo fatta di noi stessi.
Pensiamo a coloro che vivono esperienze di grande successo spirituale. Queste esperienze talvolta possono risultare contrastanti con l’immagine che un individuo ha di sé, magari di persona insicura, debole, troppo dipendente dalle opinioni altrui. Se questa immagine di sé non cambia, il successo esterno sarà seguito da crisi e scompensi a livello interiore, perché i nuovi superiori equilibri sono tali solo quando sono raggiunti armoniosamente e stabilmente. Per evitare queste crisi, prima andrebbe creata ed affermata l’immagine interiore di come uno vorrebbe e dovrebbe essere. Se il lavoro sul carattere verrà fatto in profondità, allora la persona si troverà psicologicamente pronta quando un successo o una posizione migliore verranno raggiunti. Ci sono invece individui che s’impauriscono del proprio successo, perché interiormente non hanno ancora ben strutturato un’obiettiva e positiva immagine di se stessi.
Solo se la persona sente che deve dedicarsi con il cuore, con l’anima, con tutta sé stessa, a realizzare la propria natura profonda, spirituale, ciò le permetterà di non ritornare schiava della vecchia immagine di sé, che persiste e si ostina ad allungare i suoi tentacoli per insinuarsi in ogni modo. I tentacoli sono le vecchie abitudini, gli scheletri del passato, i fantasmi della memoria. Ad essi dobbiamo contrapporre, con la pratica del potere creativo ed illuminante della meditazione e con la forza della visualizzazione interiore, immagini ed impressioni positive, che ci ricollegano a dimensioni elevate della coscienza. Come già spiegato, la prima protezione, il primo aiuto è costituito dagli insegnamenti, perché il primo problema da risolvere è sempre quello della conoscenza. La via per il successo è illuminata dalla conoscenza, quel sapere supremo che ci riconduce alla nostra natura spirituale e ci svela gli aspetti più sottili della realtà, i fenomeni più arcani e delicati della coscienza.
Per Grazia divina abbiamo a disposizione tutto quel che ci occorre per modificare l’immagine che ci siamo fatta di noi nel corso di anni, di decenni, di vite passate.
Ciascuno di noi è un mondo, con le sue memorie, le sue qualità, le sue bellezze, ma anche con le sue tragedie, i suoi orrori, ma con il potere di trasformare le immagini negative in positive. Non rimanete prigionieri del passato, non fatevi riagganciare da quelle immagini di voi che sono esito di vecchi errori commessi. La vita è rinnovamento continuo, è continua crescita. Contemplate la vostra immagine presente e miglioratela attimo dopo attimo, forgiatela con l’arte della conoscenza, attraverso gli insegnamenti dei testi sacri, del Maestro e delle persone sagge. La soluzione è sempre nel presente, perché passato e futuro non sono che mere astrazioni. Guardate al presente, nel presente ricercate le cause dei vostri successi e mettetevi al riparo da ciò che produce il fallimento, la tragedia.
E’ fondamentale aver ben chiaro quali sono le attività che ci pongono in salvo, che ci fanno sperimentare il successo vero, non quello effimero, non quello che si trasforma in trappola mortale. Tale chiarezza di visione garantisce anche il mantenimento e l’espansione del successo, sia per i singoli che per i gruppi o le istituzioni.
Fare un viaggio nelle profondità della psiche, come ben spiegano Patanjali e la Bhagavad-Gita, implica che il soggetto si assuma la responsabilità della destrutturazione dei propri condizionamenti, innanzitutto proteggendo la sua salute psichica. Dobbiamo scegliere le impressioni con le quali nutrire la mente, dobbiamo acquisire ed interiorizzare concetti relativi al Reale, adottare un retto comportamento coerente alla conoscenza teorica e dirigere pensieri e desideri verso l’alto, oltre la sfera egoica.
Questi comportamenti, migliorando la consapevolezza della persona, ci permetteranno di sviluppare anche un atteggiamento intelligente e costruttivo nei confronti dei vari ostacoli che comunque si presenteranno sul cammino: l’individuo saprà cogliere l’opportunità che ogni situazione difficile rappresenta per superare i propri limiti ed i propri condizionamenti.
Occorre un cambio di paradigma nella coscienza: l’immagine dell’io deve pian piano armonizzarsi con quella del sé, attraverso una migliore realizzazione della realtà, una nuova e più matura presa di coscienza e assunzione di responsabilità. Più la consapevolezza del sé diventa forte, più questo cambio di paradigma diventa stabile e permanente. Abhyasa (pratica spirituale costante) e vairagya (distacco emotivo dal fenomenico) sono fondamentali per effettuare l’opera di trasformazione e ricostruzione interiore. Essi hanno una risonanza profonda nella coscienza e permettono un processo di evoluzione che nel tempo diventa sempre più consapevole e sempre più spontaneo.
Ad ogni passo occorre stare all’erta, perché anche un piccolo errore o una minima distrazione, se non risolti o curati in tempo, possono aggravarsi e compromettere la nostra crescita e realizzazione spirituale. Il successo di oggi non garantisce il successo di domani: lo favorisce ma non lo garantisce. Ogni giorno dobbiamo cominciare da capo, con ancora più entusiasmo di ieri, a lavorare sul nostro carattere, migliorando e perfezionando le qualità che già abbiamo e sviluppando le nostre facoltà carenti. Non partiremo ogni volta da zero: ogni giorno ritroveremo il capitale messo da parte il giorno precedente, un capitale che però va custodito, incrementato, rinnovato. Ogni giorno, prima dell’alba, i brahmani cantano inni e celebrano il sacrificio al deva del sole; questo sacrificio rinnova nell’universo il sorgere della luce. I testi vedici spiegano che tutto quel che di positivo avviene, è possibile in forza del sacrificio, attraverso il quale l’uomo si ricollega al Divino. Se vogliamo che tutti i giorni sorga nuovamente il sole della nostra coscienza, tutti i giorni dobbiamo rinnovare e portare avanti il nostro impegno nel dharma, nel bene, verso le vette luminose dello Spirito. Se abbiamo questa consapevolezza e visione del mondo sperimenteremo il successo, quello vero, e saremo anche in grado di mantenerlo nel tempo, senza il rischio di cadere vittime di euforie, di eccitazioni egoiche o di altri pericolosi trabocchetti della mente condizionata.
I saggi vedici hanno spiegato che la realizzazione, la felicità e il successo sono nostre caratteristiche naturali, intrinseche; in un certo senso infatti, l’anima è già proprietaria di tutto perché è tutt’uno con Dio, con il Creatore, Bhagavan, in qualità non differente da Lui anche se in shakti incommensurabilmente meno potente. La consapevolezza di ciò è di per sé una garanzia di successo, con l’impegno imprescindibile di fare ottimo uso di tutte le risorse a nostra disposizione. Se ne abusiamo il disastro è sicuro, in particolar modo se abusiamo di persone, della fiducia degli altri. Le leggi del Dharma ci distruggerebbero. Non dobbiamo abusare neanche degli alberi o di un fiore; non dobbiamo abusare di niente, ma vedere tutto come parte di Dio e porre ogni cosa al Suo servizio.
Se avremo questa coscienza, anche se arrivassero risorse enormi sapremo impegnarle totalmente e con pieno successo, offrendole in sacrificio per il bene di tutti gli esseri. Pensate invece ai danni che arrecano coloro che hanno mezzi ma non hanno una coscienza elevata: vengono in possesso di qualcosa e pensano di esserne i proprietari assoluti, egoisticamente vogliono sfruttare quella sopravvenienza attiva a loro esclusivo vantaggio, magari anche a scapito degli altri. A causa delle loro motivazioni contaminate, non conoscendo la scienza dell’azione, essi producono sofferenza e fallimenti, prima di tutto a se stessi, e poi la morte irrimediabilmente arriva e porta via tutto, anche gli apparenti successi mondani e le vane e fugaci illusioni.
I desideri intensi muovono le cose e trasformano la realtà. Come la persona desidera essere, così diventa. Chi però ha ambizioni meramente egoiche non raggiungerà un successo reale: il suo apparente successo prima o poi si trasformerà in disgrazia.
La gestione non matura delle risorse e della potente energetica del desiderio, produce squilibri e crisi profonde. Ogni uso improprio, ogni spreco, è causa di fallimento personale.
Tutto quel che abbiamo: cose, affetti, talenti, va utilizzato allo scopo di riconnettersi alla matrice profonda di origine divina, senso e fondamento del nostro esistere; se ciò non avviene, spiega Shrila Rupa Gosvami, uno dei più grandi Maestri della Tradizione Vedica, tutto s’inquina e si trasforma in veleno.
Mettere tutte le nostre risorse al servizio della Istha Devata alla quale siamo intimamente collegati, fa la perfezione dell’esistenza (yukta vairagya). Ambarisha Maharaja era padrone del mondo, però non lo guardava per il proprio godimento egoistico ma come strumento per servire Dio. Per svolgere bene quella funzione occorrevano maturità e consapevolezza, poiché chi dispone di così tante energie può fare grandi opere di bene ma, se non ha cura e motivazione pura nel loro utilizzo, può provocare grossi danni ed arrecare molto male al prossimo e a sé stesso.
Le risorse più preziose, da mai trascurare, sono le persone, con i loro desideri di progresso, con i loro aneliti di bene, con i loro progetti, con la loro ricerca di realizzazione. Non dovremmo permetterci di sprecare neanche la minima parte delle loro energie, favorendo invece concretamente e in ogni momento la loro convergenza, canalizzazione e sublimazione, verso motivazioni elevate di vero bene, di vero successo.
E’ importante saperci preparare e predisporre al successo, così non ci capiterà di ritrovarci a viverlo da sprovveduti, magari semplicemente perché altri ci hanno permesso di salire su di un vascello che conduce al successo; se così fosse non potremmo rimanere a lungo a bordo; la prima ondata di Maya (confusione, illusione) ci tirerebbe giù, ci spazzerebbe fuori bordo. Maya è potentissima e, nei momenti di successo, sembra attivarsi ancora di più, diventando più potente, mettendoci alla prova nelle nostre motivazioni più profonde. Il successo ci consente di avere più risorse e mezzi a disposizione, più energie da spendere e da gestire: se però non si é ancora sufficientemente maturi, è facile in quei momenti fare investimenti sbagliati, puntando ad obiettivi fasulli e così, con un’energia potente mal utilizzata, andiamo veloci verso una meta che però non è quella giusta, quella che noi intimamente cerchiamo; meglio sarebbe stata non averla mai avuta. Per mantenere qualcosa stabilmente occorre prima maturare le condizioni coerenti e necessarie.
Il successo stabile infatti non è mai frutto di un colpo di fortuna, é l’esito di una serie di sforzi coscienti e coordinati, mirati alla realizzazione del sé. Del resto voi sapete che nella vita le opportunità ci sono per tutti ma solo chi é pronto riesce a coglierle.
Il segreto per ottenere il successo è desiderare e attivarsi per favorire il successo altrui.
La compassione, la benevolenza, la generosità, il desiderio di vedere gli altri realizzati e felici nelle loro aspirazioni elevate è la via più rapida per il nostro successo. É segno che stiamo procedendo nella direzione giusta quando il successo degli altri ci é caro quanto il nostro. Fino ad allora dobbiamo lavorare duro sul nostro carattere per vincere le tendenze egoiche autodistruttive, quelle proiezioni illusorie della mente che ci fanno sentire separati e diversi dagli altri. Il nostro successo è portare altri al successo, ecco perché il sentimento della compassione è così importante, potente, prezioso, quanto lo è quello della gratitudine nei confronti di chi ci guida con i suoi insegnamenti e con il suo esempio verso l’elevazione e la luce.
Adesso meditate, riflettete: se avete ascoltato con attenzione, con cuore aperto, molti di questi concetti si scolpiranno vividi nella nostra memoria e diventeranno vostro patrimonio eterno, che potrete condividere con gioia con tutti coloro che vorranno.
Marco Ferrini
Per approfondire, l'audio completo da cui è estratto questo testo è disponibile qui: