La transitorietà di fortuna e sfortuna
Fortuna e sfortuna sono per loro natura stati cangianti e transitori, in grado di influenzare la nostra vita nella misura in cui ne siamo dipendenti.
E’ da folli affidarsi ciecamente alla fortuna, così come ritenere di essere perseguitati dalla sventura.
Riporre fiducia nella fortuna, operando magari scelte azzardate, può infatti rivelarsi molto pericoloso, a tal punto da ridurre la persona in miseria sia dentro che fuori di sé.
A chi dare la colpa poi? Alla sfortuna?
Per riuscire ad essere toccati dalla fortuna senza rimanerne ustionati e dalla sfortuna senza esserne congelati, occorre ricercare e mantenere il giusto senso della realtà e della misura.
“Maneggiare” la fortuna richiede avvedutezza, proprio come quando afferriamo qualcosa di molto caldo e ci proteggiamo le mani per non rimanerne scottati.
Chi aspira alla realizzazione spirituale non dovrebbe curarsi della fortuna o della sfortuna, né tantomeno dipendere da esse.
Tanto facilmente arriva, parimenti con altrettanta facilità e rapidità la fortuna lascia la persona, non appartenendole mai troppo a lungo. Quando giunge, non bussa alla porta, irrompe con frastuono e bagliori, ma quando abbandona lo fa di soppiatto, quasi a tradimento.
La fortuna non dona, bensì presta; non è cieca, piuttosto rende ciechi coloro che ne restano dipendenti.
È quindi bene non eccitarsi quando la incontriamo e, allo stesso modo, non disperarsi quando ci abbandona.
L’ondata emotiva che ne deriva può essere lieve o dirompente, ma se sapientemente diretta sarà destinata ad infrangersi contro le barriere della nostra coscienza che saremo stati in grado di erigere e fortificare.
Occorre farne esperienza ogni giorno, vivendo con distacco emotivo tanto le situazioni apparentemente fortunate, quanto quelle di apparente segno opposto.
Impariamo ad osservare con distacco l’accadimento, chiedendoci intimamente cosa abbiamo a che fare con esso: riflettendo e meditando potremo gestire meglio le emozioni che ne scaturiscono e realizzare che le circostanze transitorie hanno ben poco a che fare con noi.
L’anima condizionata dimentica facilmente la propria reale identità, identificandosi con ciò che non le appartiene, e subendo le sofferenze materiali causate dalla visione illusoria e distorta della realtà di cui è preda.
La natura spirituale di cui l’essere umano è ontologicamente costituito è situata su un altro piano, ben oltre le limitanti condizioni umane; al contempo è importante chiarire che non ci possiamo realizzare spiritualmente, trascurando lo sviluppo della nostra umanità, anzi la realizzazione spirituale sta oltre, trascende e ciò che trascende implica. Per evolvere umanamente e spiritualmente è quindi indispensabile imparare a gestire e trasformare i nostri pensieri, emozioni e sentimenti disturbanti, evitando così che essi possano prendere il sopravvento a tal punto da dirigere la nostra vita.
Il saggio pensa che le circostanze piacevoli, così come quel che è spiacevole, sopraggiungano spontaneamente, come naturale conseguenza delle azioni meritevoli o deplorevoli compiute in passato. Lo stolto pensa, invece, che la felicità sia un merito suo, attribuendo al contempo ad altri la colpa della propria infelicità.
Questa vita ci mette costantemente alla prova, e la scelta di predisporci nel modo migliore è solo nostra.
Sviluppare quindi il senso di responsabilità personale ci permette di agire in modo equilibrato e riflessivo, nella piena consapevolezza che il nostro comportamento e le nostre scelte producono effetti primariamente in noi stessi e, di conseguenza, negli altri.
Nella Tradizione dello Yoga della Bhakti, Lakshmi Devi é il deva dell'abbondanza e prosperità; rappresenta l'energia che diviene vera ricchezza solo quando la si pone al servizio di Dio, in spirito di offerta devota e sincera. Al contrario, l’attitudine egoica di desiderare e trattenere per sé i benefici di ogni circostanza fortunata ci pone in una condizione miserevole, e l'occasione di fare della propria vita un dono d’Amore andrà così perduta.
Uno dei quattro principi della libertà prescrive di non giocare d’azzardo: l’autentica fortuna, ovvero quella che può garantirci il più alto successo nel percorso di realizzazione spirituale, non la si ricerca giocando d’azzardo o agendo disonestamente, bensì praticando costantemente le virtù.
In conclusione, l’autentica fortuna non è mai disgiunta dalla pratica costante delle virtù, da cui naturalmente scaturisce il distacco emotivo nei confronti di ciò che accade nel mutevole e cangiante mondo delle apparenze.
Marco Ferrini